Nota critica di Riccardo Emmolo
"Pirandello, la frontiera"

Con questi ultimi lavori Franco Fratantonio esplora un nuovo territorio al confine tra pittura e poesia. Un'altra tappa della sua singolare ricerca. Con Fratantonio la poesia entra nella pittura con il proprio linguaggio, quello della parola e del ritmo, e la pittura esprime la poesia con il proprio linguaggio, quello della linea e del colore. Qui Fratantonio entra in quel particolare sentimento della natura che Pirandello ha consegnato alla modernità.
Chissà perchè l'aggettivo "pirandelliano" ha finito per designare solo un personaggio o una situazione sospesi tra comico e tragico. Esiste, anche una natura pirandelliana sospesa tra mito e logica, tra sogno e realtà. Ci sono novelle nelle quali Pirandello la convoca dai ricordi d'infanzia e dalle leggende popolari (l'estatico lirismo del finale di Ciàula scopre la luna). Altre nelle quali la natura sembra essere soltanto la proiezione dei tormenti del personaggio (il filo d'erba per il quale si batte e muore Tommasino Unzio in Canta l'Epistola). Ma ci sono novelle nelle quali essa incrocia mito e umorismo, arcano e ironia. Come nella luna in quintadecima che "incanta" Batà, il protagonista di Mal di luna, e che alla fine, sospesa alla grata della finestrella come in un quadro di Magritte, sembra deridere la moglie che sperava di sfruttare il male del marito per mettergli le corna.
Fratantonio rivela una sorprendente capacità di accogliere il paesaggio delle novelle pirandelliane nella sua placida, soverchiante bellezza. Nell'intensità verde dei campi, nelle nebbie rosate dei tramonti, nella luce lunare che culla i sogni notturni delle spighe dii grano, egli ha cercato di restituirci l'incanto che questo paesaggio in un modo o nell'altro insinua sempre tra le pieghe dell'umorismo. Questi pastelli lasciano intravedere il sogno del "poeta" Pirandello, per troppo tempo erroneamente considerato solo uno scettico e un distruttore di miti. Anzi, lo prolungano e lo amplificano permettendoci di ascoltare in maniera più netta i continui, sotterranei richiami all'origine e alla rinascita che il grande scrittore siciliano sprigiona sempre in maniera elusiva, indiretta. Ed è sorprendente che a cogliere questi segnali siano oggi non tanto i poeti, che non sono mai riusciti ad apprezzare fino in fondo l'opera di Pirandello, nè i critici, che l'hanno troppo spesso analizzata in modo sterile, quanto gli artisti, i poihtai come Franco Fratantonio.

Nota critica di Fulvio Panzeri
"Colore, forma e poesie negli Iblei"

C'è una forma di contemplazione nelle opere di Franco Fratantonio, una sorta di metafisica del cielo che apre ad una dimensione di infinito, raccolto nello spazio ristretto di una tela. E' il cielo infatti ad occupare lo spazio visivo di Fratantonio e il paesaggio non è altro che una linea di demarcazione, un orizzonte che amplifica la grandezza e l'infinitudine di cui raccontano questi quadri.
E' un cielo calmo quello che ci mostra Fratantonio, dove i movimenti sono leggeri, tenui strisce di luce. Si tratta di un cielo in cui le nuvole sono rare, quasi impercettibili variazioni rispetto allo specchio di tersità che si figura sulla tela. Fratantonio opera così, attraverso il suo lavoro di pittore, una sorta di scoperta del cielo, in una prospettiva oggi inusuale, quando la possibilità di alzare gli occhi in alto è ristretta dallo stesso paesaggio urbano che abitiamo. Così ci diventa difficile percepire l'ampiezza larga della volta celeste, sentirci partecipi di una prospettiva teatrale che, attraverso l'incombenza del cielo su di noi, misura invano una possibile distanza tra l'uomo e le stelle e figura un esercizio di metafisica quotidiana.
Franco Fratantonio ci spiega come sia possibile oggi giungere a questa dimensione: opera per noi un coinvolgimento totale nella prospettiva celeste, in un'ascesa verticale che è anche una scelta prospettica di rappresentazione. Così oltre ad una visione orizzontale del paesaggio che imprime bellezza e vastità, puntando sul largo cielo che si contrappone, nella sua trasparenza, all'oscurit… della terra, ne accosta una verticale in cui la visuale si restringe a frammento, per consolidare il senso dell'altezza, per misurare contemplativamente questo stupore dell'ascensione della luce{...}

Nota critica di Maria Teresa Prestigiacomo
"Opere recenti"

Sono intimi e misteriosi i rapporti che legano le arti, in particolare i linguaggi non verbali con la Letteratura. Franco Fratantonio ha fatto di questo rapporto la nota dominante. Essa connota la sua poetica pittorica: costituisce quel fil rouge che pervade le sue opere. Allo stesso modo, il suo lavoro di scenografo per "La Scala" di Milano ha determinato un rapporto privilegiato tra pittura e musica. In questa Mostra Personale troviamo, da un lato, l'esaltazione del paesaggio isolano, nelle sue modulazioni poetiche che, dall'alba alla notte, offrono a chi sa leggere, tra i colori della natura, l'afflato poetico di un artista che ha tratto dalla contemplazione del paesaggio, una sua filosofia, linfa vitale per riflessioni sulla vita e sul mondo.
Dall'altro, troviamo una reinterpretazione in chiave ermetico-simbolista della poetica di Quasimodo o di Ungaretti che rivela l'animo di un artista sensibile e colto. L'artista di Modica afferma l'esigenza non di mostrare semplicisticamente la poesia, bensì di compartecipare alle emozioni della poetica, per mezzo di strumenti "altri" come la pittura, al fine di modulare cromaticamente i sentimenti espressi e colti dall'artista: tristezza e dolore, gioia e nostalgia. Fratantonio è il genio della luce: catturare la luce del Mediterraneo sotto il chiarore dell'alba nascente, descrivere campagne assolate, segnate da un infinito orizzonte, tradurre in delicate, composte ed efficaci cromie antiche atmosfere siciliane, "segnate" dal marchio della civiltà, del progresso, è la sua sfida. Raccontare il "meriggiare pallido e assorto" di un "Porto sepolto"...a ventimila leghe sotto il cuore, ascoltando le voci dell'anima dei poeti e traducendole in emozioni visivamente palpabili: questo è il racconto pittorico di Fratantonio, forse anch'egli, come Quasimodo, vive la sua condizione d'inevitabile solitudine dell'artista "...trafitto da un raggio di sole...Ed è subito sera!"

Nota critica di Andrea Guastella
dal sito www.ippocrene.com

Il cielo, il mare, un universo sereno, riconciliato; questo lo scenario delle ultime opere di Franco Fratantonio: un palcoscenico in cui l'artista si addentra in punta di piedi, senza correre sotto i riflettori. Forse nella sincera convinzione che, in tempi di sovraesposizione mediatica, l'uomo sia pi— che mai bisognoso di ritirarsi in se stesso, di darsi alla contemplazione. Ci sono colori, sembra intendere Franco, che il nostro occhio ha cessato di cogliere, suoni che i sensi ignorano, significati che non siamo più in grado di intuire.
Quando Omero, che di sicuro non era cieco dalla nascita, vedeva il mare tingersi di chiaro ai primi palpiti dell'alba, si rappresentava l'aurora come una giovane donna dalle dita di rosa, intenta a scuotersi i capelli dalla fronte o a rimuovere le pieghe del vestito. Per noi, schiavi di ritmi distruttivi, il tramonto del sole o il brillare delle stelle sono meno che routine: abbiamo semplicemente smesso di captarli. Le strade, le automobili, gli ambienti di svago o di lavoro, persino le pareti delle nostre dimore, anzichè confortarci, ci hanno separato dal principio, dalla natura da cui proveniamo e a cui un giorno torneremo. Se dunque il progresso è regresso e la modernità non è frutto di un'evoluzione ma di una grave degenerazione della purezza originaria, il confronto con la civiltà richiederà nuovi strumenti: le armi non violente della bellezza, del sentimento, della spontaneità. La natura stessa, contrapposta all'artificio della storia, non si lascerà catturare da forme precise, ma apparirà sfumata come la sabbia dei pastelli, segreta come le rime dei poeti amati dall'artista, trascritti sui disegni e sui dipinti secondo immaginarie simmetrie. Vi è una leggenda famosa su Agostino che narra di quando il santo, trovandosi in riva al mare, vide un bambino intento a trasportare acqua dal mare in una buca, che egli stesso aveva scavato sulla spiaggia. Agostino chiese al bimbo cosa stesse facendo; questi rispose subito che, in quella buca, avrebbe versato tutta l'acqua del mare. Il santo osservò che ciò era impossibile, al che il bambino, dietro il cui aspetto si celava Gesù Cristo, replicò che non era più impossibile di quanto non fosse, per Agostino, spiegare il mistero della Trinità. E come spiegare un mistero se non attraverso l'esperienza, come evocare una spiaggia se non dopo aver trascorso ore e a ore a misurarla? Sin dai primi lavori, contaminazioni di astrattismo e figura sulle orme di Mondrian e di Kandinskij, l'arte di Franco è, per l'appunto, l'impresa impossibile di chi cerca di racchiudere il mare uno specchio, il cielo in una stanza, il verde di un prato nel grigiore di un soggiorno. Una terra promessa si apre oltre l'orizzonte, c'è un porto sepolto che ci attende e un raggio di sole si appresta a trafiggerci sul cuore della terra. Nei mari e nei cieli di Franco Fratantonio la chiave per trovarli.