"Quasimodo nel segno"
I SEGNI DEL CUORE
A partire dal Romanticismo molti sono i poeti che si sono ispirati a certi dipinti, molti pittori che hanno avvertito un'affinità tra il loro lavoro e la musica di certi versi. Edward Hopper citava questi versi di Goethe come straordinario esempio di pittura visiva: "Uber alles Gipfel ist Ruh / in allen Wipfeln spurest du / kaum einen Hauch. / Die Voegelein schweigen in Walde. / Warte nur: balde ruhest du auch" ("Su tutte le cime è quiete / in tutte le valli non un suono. / Tacciono gli uccelli nel bosco. / Aspetta: presto anche tu riposerai"). Lo stesso Hopper è stato scolaro e musa di poeti. Gail Levin in "The poetry of solitude" (1995) ha raccolto versi di poeti come John Updike, John Hollander, Joyce Carol Oates, Susan Ludvigson e Diane Bonds, tutti ispirati ai dipinti di Hopper.
Quando un artista si sente toccato da una poesia o un poeta da un'opera d'arte, la trappola più insidiosa resta il descrittivismo, un modo troppo meccanico e superficiale di tradurre sulla tela l'emozione di una poesia o in versi quella provocata da un dipinto. Nè le analogie tra il mondo di un artista e quello di un poeta sono in grado di dirci qualcosa di essenziale sulle segrete affinità tra il lavoro dell'uno e quello dell'altro. Pittura e poesia, infatti, si servono di mezzi diversi (la forma e il colore da una parte, il significato e il suono dell'altro) che possono essere messi a confronto, ma la cui specificità non può essere scavalcata, neanche da un punto di vista teorico (per esempio attraverso l'equazione forma=significato e colore=significante). Semmai è nella pratica, nel vivo del fare artistico che può capitare di imbattersi nel sentiero che conduce alla radura della loro comune origine...
E' stato Baudelaire il primo a sentire la realtà come un "tempio vivente" dove "les couleurs et le sons se rèpond".Rimbaud si spinse fino a sognare corrispondenze sinestetiche tra vocali e suoni("A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu..."). La genialità del poeta di Une saison en enfer non deve far passare inosservata l'arbitrarietà di un simile gesto, il soggettivismo romantico che lo ispira. Rimbaud cerca di saltare oltre la differenza tra pittura e poesia con uno slancio che respira l'aria del fallimento.
Con un atteggiamento più modesto e concreto Franco Fratantonio da alcuni anni a questa parte ha scelto Salvatore Quasimodo come guida del proprio lavoro, cercando di leggere con pennelli e colori la sua poesia. Con tenacia, giorno dopo giorno egli s'imbarca sui versi in maniera diretta: laddove incontra "gioie di foglie perenni" dipinge una foglia che nuota nell'oro, laddove legge "da secoli l'erba riposa / il suo cuore con me " dipinge un grande cuore popolato da un rigoglioso verde e così via. E certo il quasimodo più popolare di Uomo del mio tempo o di Milano, Agosto 1943, quello che a dispetto del voltafaccia della critica non si schioda dalle antologie scolastiche, avrebbe fornito a Fratantonio un materiale di più facile e immediata presa. Invece no, le poesie che ispirano il nostro sono proprio quelle ardue della stagione ermetica, nelle quali la parola taglia dietro di sè i ponti con l'analogia simbolista e si assolutizza, al punto che il significato resta spesso irraggiungibile.
Contrariamente a ciò che potrebbe sembrare, Fratantonio non intende affatto descrivere o illustrare le poesie di Quasimodo. Primo perchè fa un uso sottilmente simbolico del colore (oro-eternità, azzurro-mondo celeste, verde-terrestrità, rosso-sofferenza ecc.) e poi perchè le figure che fluttuano nei suoi quadri finiscono per assurgere a vere e proprie icone (il cuore, la foglia, l'occhio ecc.). La sua ricerca, naturalmente tesa all'astrazione e al simbolismo, risulta perciò affine a quella del Quasimodo astratto e metafisico delle prime raccolte.
Ogni quadro di Fratantonio parte da un centro forte dal quale si sprigiona un vortice di forma. Una preghiera che organizza uno spazio senza definirlo. Qui una grande foglia che sta salendo in alto e attorno alla quale ruotano foglioline verdi e oro, là un enorme cuore verdazzurro intorno al quale gravitano pianeti rossastri. In questo modo Fratantonio ci mostra quanto l'ispirazione del primo Quasimodo sia affine a quella del pittore, quanto le sue metafore assolute provengano da un gusto per i contrasti violenti di colore.
Dei tre strumenti dei quali Fratantonio si serve in questa sua singolare ricerca, acquarello, olio e pastello, quest'ultimo risulta il più adatto, grazie alla sconfinata possibilità di sfumare che possiede, per esplorare le più segrete vibrazioni degli spettri cromatici che egli "sente" in Quasimodo. In un pastello come "Vicolo" infatti i colori risultano moltiplicati (rispetto a quelli adoperati generalmente negli acquerelli), ma soprattutto armonizzati. I "cieli e le acque" si svegliano dal centro: un triangolo di mare e cielo che tiene in equilibrio tutto l'impianto geometrico del quadro. In "Specchio" il "verde più nuovo dell'erba" è un cuore di gemma che spunta proprio al centro di un tronco che pareva morto.
Un discorso a parte merita il trittico ispirato a "S'udivano stagioni aeree passare", dove ogni pastello parte da una citazione.
Nel primo, L'ambiguo riso che dà pieno soffrire al poeta è quello dell'Annunziata di Antonello da Messina, ma con una sfumatura di alterigia che è assente nel dipinto del grande artista siciliano (dove prevale la dolcezza e, semmai, l'ironia). Dal velo ceeste della vergine si dipartono vortici di azzurro che s'irradiano in vibrazioni di tenue verde e poi giallo e poi oro, a macchie dense. Nel secondo, "la nudità dei mattini" e i "labili raggi" sono colti all'interno di uno dei temi più a Piero Guccione, il palo e i fili della luce elettrica sullo sfondo del mare di Punta Corvo. Ma mentre in Guccione è l'azzurro del mare a dominare lo spazio, ad assolutizzarlo, qui sono le dense stratificazioni dell nuvole a dare il senso del passaggio delle stagioni aeree. Nel terzo e ultimo pastello, vero e proprio commento dell'ultima strofa della poesia ("Altro sole, da cui venne / questo peso di parlarmi tacito") è ancora Guccione ad essere citato, ma - credo - con una memoria da Friedrich (mi è venuto da pensare a "luna nascente sul mare").{...}
"Quasimodo nel segno"
Il ritorno tra realtà e sogno
So che di Franco Fratantonio, giovane artista, si è interessato, ed è presente in questo catalogo, quel finissimo e colto poeta che è Riccardo Emmolo. Ciò che quest'ultimo ha unito all'artista modicano, che ha vissuto molti anni a Milano, è sicuramente la scelta della tematica, che riguarda Quasimodo. Ma credo anche la messa in opera di quadri fra pittura e scrittura che, dal punto di vista grafico e coloristico, dimostrano una non comune sensibilità.
E tuttavia, aderendo completamente al discorso fatto da Emmolo, il mio riferimento per Fratantonio rimane l'emigrazione, i lunghi anni vissuti fuori di casa, le sofferenze per la distanza, la lotta per l'esistenza. Emigrazione è un tema a me caro, non solo perchè fa parte di un periodo molto lungo della mia vita, ma perchè attraverso di essa e in essa si sviluppano (soprattutto negli artisti) quelle antenne particolari che portano alla coscienza delle proprie radici, e quindi alla provenienza, in Fratantonio, questa presenza ha influito con molta probabilità sul suo discorso pittorico, soprattutto iin alcune cose che ho potuto vedere precedentemente, e che non sono presenti nella mostra attuale. Si tratta di quadri di piccolo formato dai colori rarefatti, dove dominano velature di verde e di azzurro, e dove il soggetto è quasi sempre una casa che ricorda certe atmosfere alla Klee. Ma non solo di questo pittore, che racchiudeva il suo universo nel segno grafico portato all'esasperazione, in un momento di quasi deflagrazione della figura che diventava solo poesia, ma anche di altri pittori che spesso, e senza saperlo, hanno dipinto in un inconscio desiderio, il loro ritorno. Hermann Hesse, che tutti conoscono per quelle meraviglie che sono Narciso e Boccadoro e Il gioco delle perle di vetro, fu anche poeta e pittore. E se i suoi erano acquerelli che guardavano "distrattamente" i paesaggi del Ticino, dove trascorse molti anni della sua vita, in essi il desiderio della terra, intesa come patria del cuore, non si faceva più perdita definitiva o esilio.
Nella mostra di Franco Fratantonio, i grandi fiori che perdono i confini del colore, sono estremamente razionalizzati dalla calligrafia dei versi di un poeta come Quasimodo. E tuttavia, la sua interpretazione del poeta, che visse la sua vita fuori di casa anche lui, razionalizza, e quindi riacquista, il ritorno.
Un ritorno che si può dire felice, ammesso che agli Ulissidi possa piacere questo aggettivo, ma che sicuramente è stato provvido di idee, di realizzazioni.
I quadri di Fratantonio, esposti al Granaio, lasciano supporre un ulteriore affinamento del discorso pittura-scrittura.
Il mondo del giovane modicano sembra aperto a questo genere di ricerca. Ed è, in definitiva, ciò che gli auguro di tutto cuore.